via crucis

Un progetto aperto, che prosegue da diversi anni. Mi affascinano la diffusione, l’uso e l'abuso della nostra simbologia religiosa, e con nostra intendo geograficamente e politicamente; la cristianità europea insomma, e più specificamente latina. È immagine fotografica: reinterpretazione, opportunità o perfino ironia sono dovuti semplicemente all'onnipresenza del simbolo, visto anche dove non c'è perché, credenti o meno, abbiamo avuto questa educazione, questo imprinting.

La croce è la croce, se ne interessa anche – forse soprattutto? – chi non la vuole, l'indifferenza è impossibile. Simbolo di sofferenza, la sofferenza degli altri: la sofferenza di qualcuno al quale va eterna gratitudine insieme al sorprendente, incrollabile rifiuto di imparare la lezione, con un ingombrante egoismo che troppo spesso rifiuta il più piccolo sacrificio per l'altro sconosciuto. 

Un inno, quindi, al simbolo e alle sue eventuali défaillance, con un punto fermo: è ovunque, e ovunque ci potrebbe raccontare la sua storia. L’abitudine, l’onnipresenza ne fanno oggetto invisibile, paesaggio o forse ripetizione subliminale. Io lo vedo se mi offre un’opportunità fotografica, l’interpretazione è successiva; ma rimane il fatto che è simbolo, passerei oltre se fosse semplice oggetto privo di significati. Mi interrogo su questa curiosità: l’oggetto, l’immagine che ne deriva e i motivi della mia attenzione. Forse creo allegorie o, meglio, ritorno allegorie a ciò che è diventato simbolo. Il fine evidentemente non è religioso, ma è di certo cristiano per cultura.

Un passo indietro nella giusta direzione, ciò a cui alludo. Una rivalutazione di valori cristiani, fondanti per quanto ci riguarda, ancora forti nel popolo silenzioso. Chi grida spesso difende un simbolo a prescindere dal suo significato; ecco quindi una piccola dimostrazione fotografica di come un simbolo possa essere decontestualizzato o reinterpretato senza perdere senso. Anzi, magari rinforzandone il significato allegorico.